Le persone al centro: tra medium comportamenti e relazioni


C'è qualcosa che sfugge all'attenzione di molti. Si parla tantissimo di sistemi, di strutture, di organismi governativi complessi, di metodologie studiate a tavolino, di approcci sistemici e convenzioni, ma qualcosa comincia a scricchiolare. 2+2 non è uguale a 4. C'è un elemento indeterministico che sbilancia i sistemi e rende difficile il mestiere per chi fa previsioni, qualsiasi esse siano. In effetti, anche la scienza stabilisce o meglio ha stabilito che l'indeterminazione è un elemento imprescindibile. Si può prevedere con una certe dose di probabilità che una particella sub-atomica possa essere in una determinata posizione, ma che lo sia realmente questo è un fatto del caso.

Il principio espresso da Heisenberg e che porta il suo nome dice:

Nell’ambito della realtà le cui connessioni sono formulate dalla teoria quantistica, le leggi naturali non conducono quindi ad una completa determinazione di ciò che accade nello spazio e nel tempo; l’accadere (all’interno delle frequenze determinate per mezzo delle connessioni) è piuttosto rimesso al gioco del caso

Interessante questo punto: … all’interno delle frequenze determinate per mezzo delle connessioni.  Ma andando oltre nell’analisi del principio si scopre che la questione diventa incredibilmente interessante se, con una certa dose di forzatura, proviamo a rapportarlo alla nostra società.

Sempre interpretando correttamente Heisenberg:

Il principio di indeterminazione viene a volte spiegato, erroneamente, sostenendo che la misura della posizione disturba necessariamente il momento lineare della particella e lo stesso Werner Heisenberg diede inizialmente questa interpretazione. In realtà il disturbo non gioca nessun ruolo, in quanto il principio è valido anche quando la posizione viene misurata in un sistema e il momento viene misurato in una copia identica del primo sistema. È più accurato dire che in meccanica quantistica le particelle hanno alcune proprietà tipiche delle onde, non sono quindi oggetti puntiformi, e non possiedono una ben definita coppia posizione e momento, oppure che l’indeterminazione risiede nella preparazione stessa del sistema.

Proviamo ad immaginare ora una persona come fosse un quanto, una particella connessa in un sistema di rete a struttura neuronale come può essere internet, in un sistema di reti social interconnesse (social networks). Cosa può significare questo? Le domande diventano tantissime e le risposte sono del tutto probabilistiche. In termini sociologici significa che l’individuo si connette agli altri indipendentemente dalla sua “parte di massa”, diventando un unicum  protagonista. Lo si vede ormai senza nessuna possibilità di errore: i profili su facebook, su twitter o su altri social come LinkedIn, Pinterest, Google + sono in effetti lo specchio reale di singole persone che all’interno di una comunità possono esprimere liberamente ciò che vogliono, anche con dosi massicce di protagonismo e narcisismo, il tutto coadiuvato da una tecnologia (interfaccia) che diventa una sorta di catalizzatore e che non ha precedenti (ovviamente) nella storia.

E questo vi pare poco? Sinceramente a me pare di una rilevanza inimmaginabile. Come può oggi la comunicazione di marketing cavalcare questo fenomeno o questi insiemi di fenomeni per circoscrivere tutto in teoremi, metodologie e sistemi, riconducibili alla scuola kotleriana? Ad esempio quando si parla di ROI della comunicazione che succede? In un articolo del 2009 Stefania Romenti parla di ROI della comunicazione e cito:

La maggior parte dei professionisti sostiene che il ROI deve essere espresso in termini economici perché solo mutuando il linguaggio e gli indicatori dal business language (pensiamo per esempio bottom line, return, accountability, results, turn-around) è possibile aumentare la credibilità delle RP agli occhi degli interlocutori aziendali.

Oplà! Premesso che nel 2018 l’advertising su internet eguaglierà in termini di raccolta pubblicitaria i media tradizionali, guarda caso si comincia a non definire più la Rete come medium e difficilmente i social networks possono essere assimilati come “canali”. Ma allora? Il social media marketing? La misurazione del ritorno degli investimenti? Cosa devono pensare le aziende? Come comportarsi? Come veicolare la propria comunicazione di marketing all’interno di un social network o tanti social networks o nella blogosfera?

Io penso che non vi siano regole o metodologie precise e quindi non esiste ROI. Esiste un ritorno in esperienza e in relazioni e più sei bravo a “gestire” e valorizzare le relazioni più accresce la tua personale reputazione che  può, ma non necessariamente deve, avere ripercussioni positive sul conto economico di una impresa.

La persona torna al centro. E non è mica un concetto da poco. Scardina tutte le nostre forme mentali ereditate dal secolo scorso. Come ho sempre detto, viene messo in discussione il concetto di massa cosciente e che anche se a basso livello può esprimere una opinione comune, determinata, manovrabile, influenzabile e circoscrivibile con metodologie propagandistiche che ancora oggi funzionano, ma sempre meno. Se non per il contenuto, che differenza può esserci tra la propaganda di Goebbels, grande maestro della comunicazione di massa e il direttore creativo che ha ideato le campagne della TIM? (Ripeto, i contenuti sono totalmente differenti ma l’effetto che si vuole ottenere è lo stesso, la sudditanza, il desiderio e il consenso).

Eppure le aziende dovranno cominciare a prepararsi. Nel momento in cui la persona entra in scena si prospettano scenari davvero interessanti e chi avrà la capacità di capire che tra azienda e persona nei prossimi decenni le differenze saranno minimali, a tal punto che lo stesso concetto di azienda sarà messo in crisi, avrà modo di vincere.